Un articolo pubblicato su Journal of Translational Medicine il 7 settembre 2025 da Francesca Pistollato, Biologa, Senior program director dell’organizzazione Humane World for Animals (Brussels), in collaborazione con colleghi della Commissione Europea (Joint Research Centre, JRC) e Università Cattolica del Sacro Cuore (Bridging the prevention gap: funding distribution and methodological shifts in prevention-focused biomedical research under EU framework programmes) analizza criticamente come la ricerca biomedica europea affronti la prevenzione e in che misura stia evolvendo verso approcci scientifici centrati sull’uomo, riducendo la dipendenza dalla sperimentazione animale.
L’indagine rappresenta un contributo indipendente volto a orientare la programmazione del futuro programma quadro FP10 dell’Unione Europea, con l’obiettivo di rendere la ricerca biomedica più predittiva, etica e rilevante per la salute pubblica.
Investimento scarso nella prevenzione
Attraverso un’analisi retrospettiva dei progetti finanziati sotto FP7 (2007–2013), Horizon 2020 (2014–2020) e Horizon Europe (2021–2024), gli autori hanno utilizzato strumenti di Natural Language Processing per identificare le iniziative che affrontavano la prevenzione primaria, secondaria e terziaria.
I risultati mostrano una costante sottorappresentazione della prevenzione nella ricerca biomedica europea: solo il 4,4 % dei progetti in FP7, il 4,5 % in H2020 e l’1,9 % in Horizon Europe affrontano esplicitamente tematiche preventive. Ciò nonostante, le malattie croniche non trasmissibili (NCDs) rappresentano il 74 % della mortalità globale e fino all’80 % dei costi sanitari europei.
Le aree più coperte dalla ricerca sulla prevenzione sono cancro, malattie infettive, disturbi metabolici e cardiovascolari, ma in settori cruciali come diabete, neurodegenerazione, invecchiamento e resistenze antimicrobiche (AMR) si registra un netto calo di finanziamenti.
Prevenzione primaria e approcci human-based
L’analisi mette in luce la carenza di investimenti nella prevenzione primaria, che include interventi su dieta, attività fisica, riduzione dell’alcol, del tabacco e dell’esposizione ambientale.
La ricerca nutrizionale — ambito chiave per la prevenzione di diabete, cancro e Alzheimer — rappresenta meno del 10 % dei progetti di prevenzione primaria, nonostante le prove scientifiche ne attestino l’efficacia.
In controtendenza positiva, gli autori rilevano una crescita costante dei metodi human-based, ossia basati su dati, tessuti o partecipanti umani. La quota di progetti che li utilizza passa dall’86 % in FP7 al 93 % in Horizon Europe, segno di una progressiva transizione verso la ricerca in vitro, in silico e data-driven.
Questi approcci comprendono modelli cellulari umani tridimensionali, sistemi organo-su-chip, coorti cliniche e analisi computazionali su larga scala, fino all’integrazione con l’intelligenza artificiale.
Critica alla sperimentazione animale e transizione metodologica
La quota di progetti che impiegano animali, seppure in calo (dal 32 % in FP7 al 21 % in HE), resta significativa. Gli autori osservano che la sperimentazione animale è scarsamente predittiva per le patologie multifattoriali umane, poiché non può riprodurre la complessità dei fattori ambientali, comportamentali e metabolici propri dell’uomo.
Pistollato et al. sottolineano come le New Approach Methodologies (NAMs) — modelli in vitro umani avanzati, simulazioni computazionali e tecniche predittive basate su big data — offrano strumenti scientificamente più affidabili e eticamente sostenibili. Tuttavia, il loro pieno riconoscimento è ancora ostacolato da norme regolatorie che continuano a richiedere dati preclinici da modelli animali.
L’articolo invita pertanto a un aggiornamento del quadro normativo europeo, affinché l’impiego di NAMs diventi non solo accettato, ma prioritario, in linea con il principio delle 3R e con le politiche di innovazione dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA).
Un nuovo orientamento per la salute pubblica europea
La distribuzione dei finanziamenti mostra una riduzione progressiva delle risorse destinate alla prevenzione, specialmente nella ricerca su malattie metaboliche, neurodegenerative e AMR, mentre aumentano i progetti di prevenzione terziaria che utilizzano animali (dal 37,5 % in FP7-H2020 al 50 % in HE).
Questo indica una tendenza a privilegiare le terapie rispetto alle strategie preventive, con implicazioni negative per la sostenibilità dei sistemi sanitari europei.
Gli autori raccomandano un riequilibrio strutturale dei finanziamenti: potenziare la ricerca preventiva human-based, integrare la prevenzione nei programmi di salute pubblica e valorizzare i dati umani reali attraverso iniziative come l’European Health Data Space.
Conclusione
Lo studio di Pistollato e colleghi offre una lettura critica ma costruttiva della ricerca biomedica europea: la prevenzione è ancora un campo marginale, ma la transizione verso approcci senza animali e centrati sull’uomo è in atto e deve essere accelerata.
Solo una politica di ricerca che privilegi la prevenzione primaria, la metodologia human-based e la sostenibilità etica e scientifica potrà colmare il “divario della prevenzione” e rendere la biomedicina europea più efficace, traslazionale e incentrata sul benessere umano.
Bibliografia
Pistollato, F., Furtmann, F., Gastaldello, A. et al. Bridging the prevention gap: funding distribution and methodological shifts in prevention-focused biomedical research under EU framework programmes. J Transl Med 23, 1006 (2025). https://doi.org/10.1186/s12967-025-07019-8
