Morto dopo due mesi l’uomo a cui era stato trapiantato un rene di maiale

Un paziente di 62 anni cui era stato trapiantato un rene di maiale muore all’Ospedale del Massachussets

È notizia recentissima che un uomo di nome Rick Slayman, 62 anni, dopo aver ricevuto tramite xenotrapianto (trapianto tra specie diverse) un rene di maiale geneticamente modificato, è morto ad appena due mesi dall’intervento.

Secondo i chirurghi dell’ospedale generale di Boston, dove è stato eseguito l’intervento, il rene trapiantato sarebbe dovuto durare almeno due anni. Noi di Oltre la Sperimentazione Animale (OSA), ci chiediamo innanzitutto su quali basi scientifiche si possa fare questa affermazione. Negli xenotrapianti finora effettuati, in particolare in animali da laboratorio (quasi sempre trapianto da maiale a primate) la sopravvivenza del ricevente è dell’ordine di pochi mesi, tranne in un unico caso in cui la sopravvivenza sarebbe stata a due anni. Quindi, a differenza degli sperimentatori non ci meraviglia che purtroppo il paziente sia morto due mesi dopo l’intervento. Sono decenni che in laboratorio si pratica questa tecnica che a tutt’oggi si è dimostrata fallimentare.

Sempre l’Ospedale di Boston ha dichiarato e riferito al quotidiano The Guardian di non avere alcuna indicazione che la causa del decesso sia stata proprio il trapianto. Anche questa affermazione lascia molto perplessi. Secondo il Direttore del Centro Nazionale Trapianti (CNT), dott. Giuseppe Feltrin (come si legge su Il sole 24ORE Salute del 12 maggio 2024 il paziente era fortemente compromesso avendo già ricevuto un precedente trapianto fallito. Tuttavia, il fatto che ci sia stata una sopravvivenza di due mesi viene considerato dal Direttore del CNT un “elemento positivo”. Invece, noi riteniamo che sia altamente discutibile, e persino poco compassionevole, imporre una sopravvivenza di soli due mesi a un paziente che soffre così tanto e si trova in una situazione clinica così precaria.

Viene poi precisato, ancora da parte del Direttore del CNT, che sono due le novità rispetto a precedenti esprimenti di trapianto di rene da maiale a uomo. Primo, il rene utilizzato proveniva da maiale geneticamente modificato e il ricevente era vivo, mentre in precedenza erano stati eseguiti su pazienti in morte cerebrale. Ma non possiamo esimerci dal sottolineare che questo aspetto pone interrogativi etici non banali. Negli ultimi anni sono stati effettuati trapianti di cuore da maiali geneticamente modificati a riceventi umani, anche questi sopravvissuti per poche settimane. Infine, il dott. Feltrin afferma: «Questo è dunque il terzo caso di organo di maiale geneticamente modificato trapiantato ad un paziente vivo». Enfatizzare su tutti questi elementi e sbandierarli come risultati promettenti è eticamente inammissibile.  I rischi legati agli xenotrapianti non sono ancora risolti, e non basta ingegnerizzare, cioè inserire dei geni di origine umana in un animale, in questo caso il maiale, per scongiurarli. Si potranno ridurre, ma non risolvere. Il rigetto, il passaggio di agenti patogeni dall’animale all’uomo e il passaggio di materiale genetico, sono importanti problemi tuttora non risolti, che comportano rischi potenzialmente gravi non soltanto a livello individuale ma anche globale. Consideriamo anche la sofferenza inflitta, sia fisica che psicologica, a questi pazienti, per pochi mesi di sopravvivenza, perché si sa già in anticipo che non trarranno beneficio dallo xenotrapianto.

Si impongono due interrogativi: è legittimo o giustificato continuare con questa sperimentazione su animali e su esseri umani, vere cavie più o meno consapevoli? E come mai assistiamo ancora a una tenace resistenza a cambiare strada puntando su una ricerca innovativa ed etica da sviluppare e incentivare, che invece non viene adeguatamente finanziata?

Le tecniche di imaging avanzate associate a nuovi approcci come la biostampa tridimensionale, le cellule staminali derivanti dallo stesso paziente, e l’ingegneria tissutale, potrebbero rappresentare in un prossimo futuro la vera soluzione alla carenza di organi, insieme a serie campagne di sensibilizzazione per la donazione ed ad una maggiore promozione della prevenzione primaria e secondaria. Quanto prossimo sarà questo futuro dipende principalmente dall’entità degli investimenti economici ed umani verso questi obiettivi. Attualmente, solo in Italia si contano parecchie migliaia di pazienti in attesa di trapianto, ma gli xenotrapianti non daranno loro risposte. Continuare a creare false aspettative e illusioni in pazienti così fragili è eticamente inaccettabile.