Geni e Aterosclerosi: le limitazioni dei Modelli murini

L’aterosclerosi è un processo complesso che si sviluppa nel corso di decenni ed è alla base della maggior parte delle malattie cardiovascolari. Studiare la storia naturale dell’aterosclerosi negli esseri umani è complicato a causa della sua lenta progressione, che richiede esami seriali.

Gran parte della ricerca sui meccanismi biologici dell’aterosclerosi è stata condotta su topi geneticamente modificati. I topi più comunemente utilizzati per studiare lo sviluppo delle placche aterosclerotiche e le strategie terapeutiche per l’aterosclerosi mancano di un particolare gene chiamato “gene dell’apolipoproteina E” o di un altro gene chiamato “gene del recettore per le lipoproteine a bassa densità”. Questi geni sono coinvolti nel modo in cui il corpo gestisce i grassi nel sangue. Rimuovendo questi geni, i ricercatori cercano di capire meglio come si forma l’aterosclerosi nei topi.

Tuttavia, ci sono grossi limiti nel trasferire direttamente i risultati da questi modelli murini all’aterosclerosi umana.

Negli ultimi anni, i ricercatori hanno identificato milioni di piccoli cambiamenti nel nostro DNA chiamati polimorfismi a singolo nucleotide (SNP). Questa scoperta ha aumentato la nostra comprensione di come queste variazioni influenzino la struttura genetica nel nostro corpo. Questo ci ha permesso di valutare in modo neutrale gli effetti delle variazioni geniche su caratteristiche umane e malattie. Attraverso analisi che coinvolgono molte persone (chiamate meta-analisi) sono stati individuati luoghi nel nostro genoma che sono collegati a malattie cardiache e ictus. Queste analisi forniscono un’opportunità unica per confermare se i geni che sembrano causare malattie negli studi sui topi abbiano lo stesso impatto nelle persone.

Tuttavia, nonostante la possibilità di convalidare i geni presunti responsabili identificati nei modelli murini, la ricerca portata avanti da Gerard Pasterkamp e colleghi, e pubblicata sulla rivista scientifica “Arteriosclerosis, Thrombosis and Vascular Biology” ha rivelato una scarsa associazione tra tali geni e le malattie cardiovascolari umane o le caratteristiche delle placche aterosclerotiche.

In particolare gli autori hanno condotto una revisione sistematica per identificare i geni responsabili dell’aterosclerosi nei topi e hanno eseguito test di associazione basati sui geni dei loro omologhi umani per valutare una possibile correlazione con la malattia coronarica umana e l’ictus ischemico nelle grandi arterie. Inoltre, hanno indagato sull’associazione di questi geni con le caratteristiche delle placche aterosclerotiche umane.

Hanno valutato se questi geni avessero un effetto specifico in determinati tessuti nel corpo umano. Alla fine, i ricercatori hanno analizzato insieme tutte queste informazioni per vedere se i geni che ritenevano potessero causare l’aterosclerosi nei topi avevano davvero un legame con le malattie cardiache e l’ictus nelle persone, e con le caratteristiche delle placche nelle arterie umane.

“Sorprendentemente, non abbiamo trovato molte associazioni, nonostante avessimo indizi che suggerivano il contrario” affermano gli autori, concludendo che
il ruolo dei geni nello sviluppo delle lesioni aterosclerotiche nei topi sembra diverso quando si guarda alle varianti genetiche comuni nelle persone. Resta pertanto discutibile quanto possano essere utili i modelli aterosclerotici nei topi per identificare obiettivi terapeutici nella malattia umana.

Per maggiori informazioni:

Pasterkamp, G., van der Laan, S. W., Haitjema, S., Foroughi Asl, H., Siemelink, M. A., Bezemer, T., van Setten, J., Dichgans, M., Malik, R., Worrall, B. B., Schunkert, H., Samani, N. J., de Kleijn, D. P., Markus, H. S., Hoefer, I. E., Michoel, T., de Jager, S. C., Björkegren, J. L., den Ruijter, H. M., & Asselbergs, F. W. (2016). Human Validation of Genes Associated With a Murine Atherosclerotic Phenotype. Arteriosclerosis, thrombosis, and vascular biology, 36(6), 1240–1246.